Le pratiche commerciali scorrette a danno dei consumatori e delle micro-imprese
Per “pratica commerciale” si intende qualsiasi azione, omissione, condotta, dichiarazione o comunicazione commerciale, ivi compresa la pubblicità diffusa con ogni mezzo (incluso il direct marketing e la confezione dei prodotti) e il marketing, che un professionista pone in essere in relazione alla promozione, alla vendita o alla fornitura di beni o servizi ai consumatori. La pratica commerciale è scorretta quando, in contrasto con il principio della diligenza professionale, falsa o è idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico del consumatore medio che raggiunge o al quale è diretta.
Il Codice del consumo distingue le pratiche commerciali ingannevoli e aggressive.
Le prime (articoli 21-23 del Codice del consumo) sono idonee a indurre in errore il consumatore medio, falsandone il processo decisionale. L’induzione in errore può riguardare il prezzo, la disponibilità sul mercato del prodotto, le sue caratteristiche, i rischi connessi al suo impiego. L’Autorità considera illecite anche le pratiche che inducono il consumatore a trascurare le normali regole di prudenza o vigilanza relativamente all’uso di prodotti pericolosi per la salute e la sicurezza o che possano, anche indirettamente, minacciare la sicurezza di bambini o adolescenti.
Se l’impresa agisce con molestie, coercizione o altre forme di indebito condizionamento, il suo comportamento è considerato aggressivo (articoli 24-26 del Codice del consumo). L’aggressività di una pratica commerciale dipende dalla natura, dai tempi, dalle modalità, dall’eventuale ricorso alle minacce fisiche o verbali.
Il Codice del consumo indica le pratiche commerciali che devono essere considerate in ogni caso ingannevoli o aggressive. Sono di per sé ingannevoli, ad esempio, i comportamenti attraverso i quali l’operatore economico promette di vendere un prodotto a un certo prezzo e poi si rifiuta di accettare ordini per un certo periodo di tempo; afferma, contrariamente al vero, di avere ottenuto tutte le autorizzazioni; dichiara, per indurre in errore sulla particolare convenienza dei prezzi praticati, di essere in procinto di cessare l’attività commerciale. Sono invece di per sé aggressivi, ad esempio, i comportamenti che creano nel consumatore l’impressione di non potere lasciare i locali commerciali fino alla conclusione del contratto, le visite a domicilio nel corso delle quali il professionista ignora gli inviti del consumatore a lasciare la sua residenza o a non ritornarvi.
La pubblicità ingannevole e comparativa illecita a danno delle imprese
L’Autorità tutela le imprese dalla pubblicità ingannevole fatta da altre imprese e stabilisce le condizioni di liceità della pubblicità comparativa diffusa con ogni mezzo.
La pubblicità è ingannevole quando è in grado di indurre in errore l’impresa alla quale è rivolta, pregiudicandone il comportamento economico, o quando è idonea a ledere un concorrente. L’ingannevolezza può riguardare le caratteristiche dei beni o dei servizi, come la loro disponibilità o la data di fabbricazione, il prezzo e le condizioni di fornitura.
La pubblicità comparativa è invece quella modalità di comunicazione pubblicitaria con la quale un’impresa promuove i propri beni o servizi mettendoli a confronto con quelli dei concorrenti. Questo tipo di pubblicità è ammessa solo quando non è ingannevole, mette a confronto beni omogenei in modo oggettivo, non ingenera confusione tra le imprese, né provoca discredito al concorrente.